Il 18 marzo 1871 il proletariato parigino si sollevò contro il Governo degli industriali, dei banchieri e dei proprietari terrieri francesi guidato da Adolphe Thiers e proclamò la Comune di Parigi: la prima Rivoluzione dai connotati socialisti, la prima forma di potere proletario apparsa sul suolo europeo nella storia. Come ogni inizio di un nuovo ordine, la Comune fu confrontata a difficoltà di ogni tipo, aggravate dall’inesperienza governativa dei delegati comunali; tuttavia cercò nella breve durata della sua esistenza di concretizzare le aspirazioni di progresso sociale care al proletariato francese, e al movimento operaio europeo ancora scottato dal fallimento delle insurrezioni del 1848.
Contesto storico
Quando Parigi insorse, il 18 marzo, la Francia è una neonata Repubblica, fondata pochi mesi prima – il 4 settembre 1870 – sulle ceneri del secondo Impero di Napoleone III, dissoltosi a Sédan sotto i colpi dell’esercito prussiano di Bismarck. l’Imperatore è fuggito, e i vecchi arnesi dell’opposizione repubblicana – Adolphe Thiers, il Generale Trochu, Jules Favre, Jules Ferry, Léon Gambetta – avevano approfittato del vuoto di potere per proclamare la Repubblica e il Governo di Difesa nazionale di Settembre.
Parigi è una città sotto assedio da mesi da parte delle armate prussiane; ma l’euforia iniziale degli operai parigini per l’instaurazione della Repubblica cede il passo rapidamente allo scontento e alla sfiducia nei confronti del palese opportunismo e collaborazionismo del Governo di Difesa nazionale con la Prussia.
Il popolo parigino è in armi, e il Governo teme in effetti più la Rivoluzione e le istanze radicali dei repubblicani in seno al proprio partito, non dissimili alle attese del proletariato rivoluzionario, che la Prussia, col quale intende negoziare la capitolazione. Punto cruciale per negoziare con Bismarck – o meglio per accontentare Bismarck – è il disarmo unilaterale di Parigi. Ma è senza fare i conti con la Guardia Nazionale di stanza nella capitale, la quale non intende cedere al governo l’artiglieria pesante, precedentemente dislocata sulle colline di Montmartre e Belleville, subodorando la resa incondizionata ai prussiani cui il Governo intende sottomettere Parigi.
Di fronte allo stallo, la notte del 17 marzo una divisione dell’esercito viene inviata a Montmartre a fine di requisire l’artiglieria, ma il popolo parigino insorge, in maniera spontanea e determinata, respingendo l’esercito e iniziando a occupare uno a uno i principali uffici pubblici e governativi, fino ad occupare l’Hotel de Ville (il Campidoglio parigino) la sera del 18. Il Comitato Centrale dei battaglioni della Guardia Nazionale avoca a sé il potere provvisorio, Thiers e ministri fuggono a Versailles.
I borghesi dei quartieri bene – i moderati dell’epoca pronti a tutto pur di mantenere intatti i propri privilegi – sono orripilati dalla sollevazione delle classi popolari della cintura est parigina. Sulla punta del fucile a Montmartre, Belleville, Menilmontant e Père Lachaise nasce così il nuovo ordine sociale: la Comune è proclamata, il suo simbolo è la Bandiera Rossa, che sventola per la prima volta su un palazzo di governo.
Forze della Comune
Il potere rivoluzionario, inizialmente rappresentato dal Comitato Centrale della Guardia Nazionale, non si accontenta di prendere il Parlamento o il vecchio consiglio comunale, ma edifica il proprio potere politico organizzando elezioni libere sulla base del suffragio universale e il voto diretto nelle assemblee popolari; i delegati sono revocabili e sotto il controllo degli elettori e il salario corrisposto dalla Comune corrisponde al salario operaio medio.
Sui 90 delegati eletti a formare il Consiglio della Comune, nuovo organo esecutivo e legislativo, circa un terzo sono operai e artigiani, i restanti due terzi è composto da giornalisti, impiegati e professionisti. I delegati rapprentano il Governo rivoluzionario, e formano all’interno del Consiglio le dieci Commissioni esecutive ( Guerra, servizi pubblici, finanze, trasporti etc.) incaricate di elaborare i decreti e amministrare la città. I delegati provenivano principalmente dalle seguenti correnti politiche:
- Repubblicani radicali e neo-giacobini, attivi sui giornali e nei club, associazioni politiche assai diffuse a Parigi all’epoca, in particolare nei quartieri operai
- L’Associazione internazionale dei lavoratori – la Prima Internazionale di Marx e Engels
- I blanquisti – seguaci del rivoluzionario comunista più rispettato dell’epoca, Auguste Blanqui.
- I socialisti proudhoniani – seguaci del pensiero del teorico francese dell’anarchismo Pierre-Joseph Proudhon
Il primo e più grande risultato politico della Rivoluzione fu di svelare al grande giorno e al di là delle ipocrisie, la natura di classe della guerra nazionale; di aver mostrato come la borghesia francese e prussiana non esitavano ad allearsi, a mettere da parte i rancori, dissapori e conflitti per far fronte contro il vero nemico comune, gli operai parigini, il proletariato rivoluzionario, che prima avevano usato come carne da cannone per la guerra nazionale e sacrificato come sempre alle avventure guerrafondaie degli opposti imperi.
Parigi è ora però doppiamente assediata: dal governo “in esilio” a Versailles e dai prussiani i quali attendono da Thiers che metta ordine a Parigi, come precondizione per intavolare i negoziati dei termini della resa.
Operato della comune: decreti sociali
Nonostante non ebbe il tempo per mettere in pratica le misure decretate dal Consiglio, a causa l’assedio terribile, del sabotaggio borghese e infine la repressione sanguinosa che si abbatté sui comunardi, la Comune produsse dei decreti legislativi straordinariamente avanzati. In particolare:
- La completa separazione tra lo Stato e la Chiesa
- L’assegnazione delle officine inattive alle cooperative degli operai
- L’eleggibilità dei magistrati, il divieto di arresti arbitrari e l’obbligo di redigere un verbale
- La laicità della scuola e l’istruzione obbligatoria e gratuita per tutti
- L’uguaglianza di genere in tutte le funzioni pubbliche, armate, amministrative, politiche.
Tra le misure a più forte impatto quotidiano vi fu inoltre il tentativo di contrastare la prostituzione allora dilagante (vera e propria piaga sociale parigina durante il secondo Impero); e il primo esempio di legislazione del lavoro, rappresentata nel tentativo di inquadrare il lavoro notturno dei panettieri, con un primo abbozzo di salario minimo e giornata lavorativa regolamentata.
Errori della Comune(1)?
Le mancanze della Comune furono però notevoli e causarono in ultima istanza la sua caduta: viste le condizioni disperate in cui la Rivoluzione operaia era nata, essa avrebbe dovuto prendere le misure più radicali ed effettive per assicurare la propria sopravvivenza. Invece si accontentò di deliberare. Schematicamente si possono riassumere gli errori come segue:
- Dopo l’insurrezione vittoriosa a Parigi, quando i rapporti di forza erano favorevoli ai rivoluzionari e il Governo allo sbando, i comunardi decisero di non attaccare Versailles. Non farlo ha dato il tempo alla reazione di riorganizzarsi. Questa scelta non fu compensata da un attenta e accurata preparazione della difesa di Parigi. In conseguenza, quando i versagliesi entrarono in città, i Federati (truppe di combattenti della Comune) dovettero improvvisare le barricate quando ormai era troppo tardi.
- Da un punto di vista politico, la Comune fu troppo clemente con la borghesia che sabotava scientemente il suo operato (questa la tesi di Marx e Engels), tramite i municipi sotto il suo controllo (i rioni dei quartieri bene erano in mano alla borghesia), le manifestazioni violente dei ricchi, l’influenza nefasta delle classi possidenti parigine. Inspiegabile fu il rifiuto di prendere il controllo della Banca di Francia. Ciò avrebbe permesso da una parte l’autonomia finanziaria, invece di dover dipendere dai negoziati tra il Consiglio e il direttivo della Banca, fedele a Thiers, il quale centellinava finanziamenti alla Comune in un abile doppiogioco; dall’altra avrebbe privato il Governo della sua principale fonte di sostentamento.
Ingenuità degli insorti, imperizia e inesperienza dei dirigenti. Disorganizzazione, megalomania di certuni, vecchi vizi del parlamentarismo di altri, priorità alla vuote deliberazioni quando la necessità imponeva di lavorare concretamente alla sussistenza della città e all’approntamento della difesa. Tutti errori che favoriranno la reazione e la contro-rivoluzione. Con il risultato che i comunardi si fecero massacrare, sotterrando la Rivoluzione sotto le macerie, e lasciando il proletariato parigino esposto alle ritorsioni dei versagliesi, che decimarono la popolazione dei quartieri operai.
Cronaca di una disfatta annunciata
Infatti il 21 maggio – due mesi dopo la proclamazione della Comune – le truppe versagliesi entrano in città e la Comune fu presa incredibilmente e completamente alla sprovvista, impreparata a difendersi in maniera organizzata e disciplinata da un attacco ampiamente prevedibile. Montmartre cede alla contro-rivoluzione senza opporre la minima resistenza, dall’altra parte della città le truppe dei Federati devono ritirarsi dalla Butte-aux-Cailles: le esecuzioni di massa iniziano per le strade di Parigi da parte delle truppe guidate dal Generale Mac-Mahon contro una popolazione che resiste eroicamente fino all’ultimo contro l’esercito dei ricchi di Versailles.
Il 26 maggio gli ultimi difensori ripiegarono su Belleville, l’ultimo bastione rimasto ai Federati, coperti dai cannoni piazzati sulle Buttes-Chaumont e nel cimitero del Père-Lachaise, gli stessi che il popolo parigino aveva rifiutato di cedere 50 giorni prima. Dopo un bombardamento intenso in cui piovvero su Belleville proiettili incendiari durante tutta la notte, l’indomani le truppe diedero l’assalto al quartiere.
Gli ultimi 147 prigionieri vennero fucilati contro il muro del famoso cimitero del Père-Lachaise, che porta ora il nome di “Muro dei Federati”. L’ultimo cannone federato tacque domenica 28 in rue de Belleville, nel pomeriggio l’ultimo colpo di fucile fu sparato dalla barricata di rue Ramponneau. Non esiste un calcolo preciso delle vittime della repressione che si aggirano tra i 18 0000 e 35 000. Fu il massacro più sanguinoso della storia della Francia, se pensate che durante tutta la Rivoluzione francese furono giustiziate a Parigi circa 4.000 persone e in tutta la Francia non più di 12.000.
La cosiddetta “Settimana di sangue” si abbatté con una ferocia inaudita sul proletariato parigino colpevole di aver osato sollevarsi contro l’ordine secolare stabilito dalle classi superiori; nelle settimane successive migliaia furono i deportati e gli esiliati, la caccia all’uomo non conobbe pietà. Nel terrore e nella barbarie della “rispettabile” contro-rivoluzione borghese si spense così il sogno del primo Stato operaio della storia: la Comune di Parigi.
Eredità della Comune, la Comune oggi
Vi fu il desiderio di costruire un ordine nuovo, ma su quale base e con quale approccio? Alle masse mancava l’esperienza di lotta e di governo per rispondere a tali domande. Alle masse mancava anche l’organizzazione. Ma la Comune resta ancora oggi un esempio positivo, nucleo delle rivoluzioni sociali, esperienza pratica cha ha guidato l’azione della Rivoluzione d’Ottobre e tutte le rivoluzioni vittoriose dal 1917 in poi, che non si fecero più trovare impreparate di fronte alla reazione violenta delle classi capitaliste, le quali non sono disposte a cedere il potere, anche a costo di scatenare bagni di sangue e guerre civili selvagge. I successi e gli errori, il sacrificio dei martiri della Comune non furono e non saranno dunque inutili.
Generoso “assalto al cielo”, ingenuo e scomposto come tutte le prime volte, sacrificio popolare contro la barbarie e il terrore dei capitalisti, per i quali di certo il massacro dei comunardi e dei proletari parigini fu un esempio di macelleria organizzata sul quale si fondarono tutti i governi democratici borghesi succedanei. La Comune fu vilipesa, ingiuriata, falsificata e infine nascosta alla memoria, dalle gazzette liberali e dagli storici di regime, ma il suo ricordo è vivo e resta un riferimento imprescindibile per tutti coloro che lottano realmente per il progresso sociale e un’umanità finalmente liberata dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Opere consultate:
1) Jules Andrieu, Notes pour servir à l’histoire de la Commune de Paris en 1871, Editions Libertalia, 2016, Paris
Paul Lidsky, Les écrivains contre la Commune, La Découverte, 2010, Paris
Carl Marx, La guerra civile in Francia | https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1871/gcf/
Prosper-Olivier Lissagaray, Histoire de la Commune de 1871, La Découverte, 2000, Paris
[…] Marx non può però fare a meno di sottolineare le gravi responsabilità della fallimentare direzione politico-militare della Comune nella sconfitta del proletariato parigino. Egli spende parole di fuoco contro l’incapacità, il narcisismo, la megalomania, l’inadeguatezza dei vari Flourens, Assi, Pyat, Hugo, La Cécilia, Rossel, Bergeret. Come tiene a precisare, solo cinque dei membri principali della Comune appartenevano all’Internazionale: Flourens, Dombrwski, Duval, Rigaut e Woblewski (ciò sembra confermare la testimonianza di un protagonista della Comune, Jules Andrieu che nel suo libro Notes pour servir à l’histoire de la Commune de Paris en 1871, dettaglia le vicende dell’esperienza comunale e conferma le tensioni tra i partiti e i dirigenti, e tra l’ala repubblicana e l’Internazionale parigina all’interno della Comune cf. il nostro articolo qui). […]