In un precedente articolo eravamo ritornati su un anno di disastrosa gestione della pandemia in Italia, così come in Europa e in Occidente più in generale, sull’impatto del sottofinanziamento del sistema sanitario, sulle scarse tutele per i lavoratori e sul non certo rigoroso lockdown. Tutti fattori che hanno determinato il bilancio aberrante dell’ecatombe tutt’ora in corso nonché frutto delle pressioni di ambienti economici dell’industria, del commercio e di un sistema dell’informazione a questi sempre più asservito. Nel contesto di tale disastro concludevamo che i vaccini Covid, pur importanti, non potevano costituire ora la soluzione miracolosa, come propagandato dai più arditi liberali (spesso per spingere verso aperture indiscriminate) considerando che il loro stesso idolo, Boris Johnson, ha chiaramente affermato come sia stato il lockdown, oltre alla campagna vaccinale, a ridurre la diffusione del virus e i morti [1].
Una simile fede nel potere risolutivo della campagna vaccinale, che per altro già arranca nonostante la celebrazione quotidiana delle performance del commissario Figliuolo, appare tanto più illusoria e pericolosa quando si tenga conto che nell’Unione Europea ci si ritrova oggettivamente a corto di vaccini. Dato che andiamo a toccare qui uno degli aspetti maggiormente disfunzionali, o meglio una delle più vistose contraddizioni, del sistema capitalistico, è opportuno fare il punto.
Il disastro e la logica da Guerra fredda sui vaccini
Mentre l’Unione Europea conta il più basso tasso di vaccinati tra i paesi in crisi pandemica (molto indietro rispetto a USA e Gran Bretagna[2], gli altri due soci del blocco imperialista), mentre migliaia di persone continuano a morire ogni giorno sul continente, e benché i vaccini vengano sbandierati come arma “fine di mondo” per mettere definitivamente sotto controllo il virus, la loro scarsità relativa non sembra preoccupare il Commissario europeo per il mercato interno, incaricato della gestione dei vaccini, Thierry Breton. Quest’ultimo a fine marzo affermava che, nonostante la scarsità di dosi nei paesi UE, non avremmo avuto bisogno di altre forniture (riferendosi ai prodotti russi e cinesi) aggiungendo: “Produrremo da 300 a 450 milioni di dosi in Europa fino alla fine del secondo trimestre ed entro il 14 luglio avremo la capacità di raggiungere l’immunità collettiva a livello di continente.”[3]
Questo per quanto riguarda la propaganda. Nella realtà invece, è proprio di qualche giorno fa la dichiarazione dello stesso Breton secondo il quale: “Abbiamo ordinato 120 milioni di dosi per il primo trimestre e 180 milioni per il secondo. AstraZeneca ne ha consegnati prima 30 milioni e poi 70 milioni“[4]. L’Unione Europea ha quindi ricevuto appena 100 milioni di dosi su più di 300 milioni promesse da Astrazeneca, e sappiamo anche che gli altri due produttori, Pfizer e Moderna, sono stati inadempienti nelle consegne fin dal mese di gennaio, tagliandole del 40% per poi in parte recuperare nelle ultime settimane, meritandosi per questo addirittura gli applausi della Commissione, benché si tratti di semplici anticipi su dosi prenotate per la fine dell’anno. Come se non bastasse, gravi ritardi rispetto ai contratti sono da rilevarsi anche per Johnson & Johnson e Curevac[5]. Come risultato, avendo ricevuto ad oggi circa un terzo delle dosi attese, le campagne di vaccinazione nell’UE proseguono a passo di lumaca. L’ormai chimerica “immunità di gregge” è stata rimandata, per ora, a fine settembre.
Ma come è possibile che l’UE si sia ritrovata in tale situazione? A quanto pare, alla faccia della solidarietà e della cooperazione che una crisi del genere avrebbe dovuto innescare, ha vinto all’interno del blocco imperialista, in ossequio alla logica dei rapporti di forza commerciali capitalistici, il nazionalismo vaccinale degli USA e della Gran Bretagna, i quali hanno fatto firmare contratti con clausole America first e Britain first per le consegne alle rispettive società “di bandiera” (Moderna e Pfizer per gli USA, Astrazeneca per la Gran Bretagna), ricorrendo pure a un immediato blocco delle esportazioni, cosa che l’UE non avrebbe fatto, lasciandosi sfuggire inoltre l’opportunità di associare Biontech, il laboratorio tedesco che ha sviluppato il siero commercializzato ora da Pfizer, a un gruppo europeo e “sottometterlo” alle suddette clausole di consegna prioritaria obbligatoria ai paesi UE [6].
In questa lotta tra banditi imperialisti, si evince chiaramente come i settori europei si siano dimostrati i più inetti, ingenui o comunque i meno spregiudicati; in sintesi, i più deboli. Tuttavia, benché “cornuti e mazziati”, gli europei continuano a sottomettersi agli interessi geopolitici emanazione dell’unilateralismo USA rifiutandosi di aprire ad alternative che hanno il pregio di esistere e di essere affidabili. Parliamo del rifiuto di principio di comprare i vaccini che hanno il cattivo gusto di essere russi o cinesi, secondo una logica da Guerra Fredda – del tutto unilaterale da parte dell’Occidente vista la mano tesa di Cina e Russia sulla questione – ancor più ridicola quando proviene da un’UE che sta letteralmente boccheggiando. Il complesso di superiorità, già di per sé criminale retaggio del colonialismo e non certo estraneo alla sin dall’inizio criminale gestione della pandemia in Occidente, sembra oggi ancor più inopportuno e pernicioso.
Eppure, i vaccini cinesi e russi hanno dimostrato la loro efficacia e sicurezza. Dati dal Cile, dove in uno studio su ampia scala che ha coinvolto dieci milioni di persone il vaccino Sinovac si è dimostrato efficace al 67% per prevenire l’infezione e oltre l’80% nel prevenire complicazioni gravi, e i dati dalla Serbia, dove Sputnik mostra un’efficacia del 92% e Sinopharm del 90%, tra gli altri, sono lì a dimostrare che le alternative esistono[7]. Non dimentichiamo inoltre l’exploit di Cuba, che grazie alla sua industria farmaceutica pubblica sarà in grado di produrre a breve 100 milioni di dosi di vaccini e inizierà a giorni la campagna vaccinale per la sua popolazione. L’esempio della Serbia è inoltre paradigmatico, tirandosi fuori dalla logica dell’asservimento atlantico il paese ha messo in campo una strategia di buon senso, rifornendosi da tutti i produttori qualificati, ed è ora il paese in Europa col maggior tasso di copertura vaccinale, seguito dall’Ungheria, unico paese UE virtuoso in tal senso, il che è stato possibile proprio perché Budapest ha aperto le porte ai vaccini cinesi.
Accecamento dogmatico, regole ingiuste e affare brevetti
La situazione risulta estremamente più grave se si esce poi dall’angusto perimetro eurocentrico e dalle lotte miserabili tra ricchi egoisti, e ci si rende conto che a non disporre di vaccini sono soprattutto i paesi poveri. Questi ultimi si trovano a dover fare le spese di diversi fattori: l’accaparramento di vaccini da parte dei ricchi (con annessa guerra commerciale interna in cui l’Europa, abbiamo visto, perde); la scarsità organizzata dalle multinazionali private occidentali per mettere in concorrenza i paesi e far aumentare i prezzi in situazione di monopolio; il rifiuto di sospendere i brevetti, cosa che permetterebbe l’aumento esponenziale della produzione. Condividere la proprietà intellettuale sui vaccini (detenuta da ogni azienda sui propri prodotti) farebbe in modo infatti che più paesi possano iniziare a produrre liberamente vaccini per le proprie popolazioni e per i paesi poveri. Soluzione ovviamente avversata dalle multinazionali occidentali del farmaco, che vedrebbero in tal modo erodere i propri margini di profitto, mentre tramite la concessione di licenze e il trasferimento delle tecnologie, questa soluzione è in qualche modo attuata dai produttori cinesi e russi.
Il rifiuto dei paesi occidentali di mettere sotto dominio pubblico i vaccini, sviluppati ricordiamo grazie a ingenti fondi pubblici per la ricerca, che si tramutano per effetto del miracolo capitalistico in profitti privati in regime di monopolio, è netto. L’India e Sudafrica hanno proposto al WTO la sospensione dei brevetti e l’Occidente, compatto, ha votato contro, nel silenzio assordante della stampa “libera e democratica”.[8] Di fatto, l’Occidente vuole imporre un apartheid vaccinale, nella speranza di confortare la posizione di monopolio dei suoi campioni industriali. E già Pfizer in Sudafrica e in America Latina inizia a chiedere beni sovrani a garanzia delle consegne del vaccino, mentre per l’Europa sta già prevedendo di alzare i prezzi vista la “preferenza” accordatagli dalla Commissione.
In conseguenza l’attuale situazione della produzione ed export è questa[8]:
Come si può vedere, gli USA e la Gran Bretagna stanno trattenendo tutte le produzioni e a farne le spese sono l’UE (che paradossalmente esporta in USA, Canada e ovunque il vaccino Pfizer prodotto dagli stabilimenti che l’azienda possiede in UE sia richiesto all’infuori degli USA), ma soprattutto il resto del mondo, quello cioè a basso reddito e in via di sviluppo. La Cina è l’unico paese che sta tamponando con una certa efficacia la mancanza di solidarietà dei paesi ricchi, riservando con donazioni e vendite la metà della sua enorme produzione ai paesi che ne hanno fatto richiesta e ai paesi in via di sviluppo, così come anche la Russia, la quale ha messo a disposizione tramite donazioni e licenze lo Sputnik, ma non ha tuttavia la capacità logistica e produttiva della Cina.
In questa guerra commerciale scatenatasi sulla pandemia, logica conseguenza dei rapporti capitalistici, ha perso dunque la salute pubblica a livello planetario. E questo nonostante le capacità produttive e finanziarie per vaccinare tutti e gratis in poco tempo ci sarebbero. Mai la marxiana contraddizione tra sviluppo di forze produttive e rapporti di produzione (proprietà) che bloccano le prime è stata così evidente:
Il mondo ha bisogno di circa 11 miliardi di dosi di vaccino contro il coronavirus per immunizzare il 70% della popolazione mondiale, ipotizzando due dosi a persona. A partire dal mese scorso, erano stati confermati ordini per 8,6 miliardi di dosi, un risultato notevole. Ma circa 6 miliardi di questi andranno a paesi ad alto e medio-alto reddito. Le nazioni più povere – che rappresentano l’80% della popolazione mondiale – finora hanno accesso a meno di un terzo dei vaccini disponibili.
Uno dei motivi di questo squilibrio è che i paesi più ricchi sono stati in grado di effettuare ordini anticipati sostanziali con il gruppo relativamente piccolo di aziende che producono vaccini, la maggior parte delle quali ha sede in paesi più ricchi [9]
Ma la questione è ancor più profonda e radicata nel sistema di scambio ineguale, formalizzato nelle regole scritte da e per i gruppi transnazionali dei ricchi paesi capitalistici a discapito del mondo in via di sviluppo. Molti sono i potenziali vaccini infatti in via di sviluppo dall’India, a Cuba etc:
Ma anche nel momento in cui tali vaccini vengano ritenuti sicuri ed efficaci tramite la sperimentazione clinica, vi sarebbero ulteriori ostacoli a una loro accettazione a livello internazionale. Ciò è dovuto in larga parte al processo di approvazione dell’OMS, processo pesantemente sbilanciato a favore dei sieri sviluppati nei paesi ricchi. L’Organizzazione mondiale della sanità, infatti, si affida a una lista di ‘rigide autorità di regolamentazione’ tutte emanazione dei paesi sviluppati, ovvero Europa, USA, Canada, Australia e Giappone. Per il resto del mondo, i vaccini (così come altri farmaci) devono sottoporsi a una ‘prequalifica’ – processo ben più complicato e prolungato. Il che aumenta enormemente i tempi di approvazione dei sieri provenienti da altri paesi.[9]
E di fronte a questa ingiustizia strutturale del commercio mondiale sottoposto agli interessi capitalistici prevalenti, non sarà certo il programma COVAX – guidato dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e istituito per prevenire l’accaparramento da parte dei paesi ricchi e garantire l’accesso ai poveri del mondo – a risolvere la questione di una giusta distribuzione dei vaccini. Il programma è minato appunto dai rapporti di forza squilibrati in favore dei paesi ricchi e delle loro aziende di riferimento e dagli accordi bilaterali tra società farmaceutiche e nazioni forti. Gli USA ad esempio hanno preordinato quattro volte i vaccini necessari per vaccinare l’intera popolazione, il Canada dieci volte, lasciando così COVAX nell’impossibilità di approvvigionarsi delle quantità di dosi necessarie a essere distribuite gratuitamente ai paesi poveri.
Se c’è un insegnamento da trarre da questa vicenda, è che la lotta per il controllo pubblico della produzione e per la pianificazione dei fattori produttivi e della distribuzione secondo logiche razionali e scientifiche, e non di mercato, è l’unica via di salvezza per l’umanità. Una lotta che i comunisti e tutti i veri progressisti devono avere il coraggio di intestarsi per far diventare questi due temi sempre più presenti nel dibattito e nel senso comune oggi dominato dalle idee della libertà del mercato, della concorrenza per il profitto e della sacralità della proprietà privata.
[1] https://www.ilfoglio.it/esteri/2021/04/13/video/boris-johnson-dice-che-non-e-stato-il-vaccino-ma-il-lockdown-a-ridurre-morti-e-contagi–2191908/
[1] https://lab.gedidigital.it/gedi-visual/2020/coronavirus-le-vaccinazioni-nel-mondo/
[3] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2021/04/18/breton-a-rischio-rinnovo-contratto-ue-con-astrazeneca_36c6339c-b099-4d71-b3b8-9a6a8e0c0001.html ; https://www.adnkronos.com/vaccino-covid-immunita-di-gregge-a-luglio-cosa-dicono-esperti_6QONaW7ne5nu5hW9QT5tFX
[5] (nota https://twitter.com/DaveKeating/status/1372897635577761803)
[5] https://www.lorientlejour.com/article/amp/1258896/le-vaccin-chinois-coronavac-efficace-a-80-contre-les-deces?__twitter_impression=true ; https://www.b92.net/zdravlje/vesti.php?yyyy=2021&mm=04&dd=16&nav_id=1843505
[6] https://www.nature.com/articles/d41586-021-00863-w
[9] https://www.theindiaforum.in/article/political-economy-covid-19-vaccines