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Soleimani: giustiziato senza giudizio

Soleimani giustiziato

Trattando l’omicidio del generale iraniano Qasem Soleimani e mettendo fra parentesi le implicazioni di diritto internazionale [uso della forza, minaccia dell’uso, jus in bellum], l’evento di una settimana fa pone importanti implicazioni dal punto di vista del diritto penale.

Franz von Listz scriveva che “Il codice penale è la Magna Charta del delinquente”, come ormai suole ripetere ogni corso o manuale di diritto penale. Il diritto penale nasce come diritto limitante l’arbitrio sconsiderato del Sovrano, di ogni Sovrano. Il codice accorda al delinquente “l’assicurazione scritta che verrà punito solo in presenza dei presupposti fissati dalla legge e solo entro i limiti stabiliti dalla legge” [1]. L’ambito in cui si applica il diritto penale è quello di uno Stato, dunque di quel particolare entità politico-giuridica tipicamente connotata da tre elementi costitutivi:

  1. Un territorio entro cui esercitare la sovranità;
  2. Un popolo su cui esercitare la sovranità;
  3. La sovranità, ciò che Thomas Hobbes definì come “il diritto di dare Ordini”, cui fecero eco Spinoza (“è sovrano chiunque ha il diritto sovrano di imporre i comandi che desidera” [2]), Samuel von Pufendorf, Jeremy Bentham, John Austin e Max Weber.

Non a caso il codice penale italiano all’art. 4, comma 2, primo periodo stabilisce che “agli effetti della legge penale, è territorio dello stato il territorio della Repubblica e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato”. Cintare un territorio, definirlo come porzione di spazio geografico entro cui un dato ordinamento giuridico e dunque anche penale si estrinseca è una garanzia contro l’arbitrio di chi trova al di là del limes geografico-politico. Thomas Hobbes, nel suo Leviatano, ammette che “il Papa (al di fuori del suo territorio) non ha alcuna giurisdizione temporale direttamente” [3]. I comandi, l’impero del diritto, non può oltrepassare i confini che sono propri dell’altrui sovranità territoriale: il diritto della Corona inglese non può esercitarsi sul territorio della Repubblica italiana, e viceversa.

Il diritto alla sovranità territoriale consente a uno Stato di esercitare le più ampie misure coercitive sul proprio territorio terrestre, misure di grandi dimensioni sulle sue acque territoriali e sullo spazio aereo e misure minori sulla sua piattaforma continentale e nell’area adiacente. Inoltre, consente a uno Stato di esercitare la sovranità su navi e aeromobili che battono la sua bandiera o portano la sua nazionalità, che sono trattati come il suo territorio.

A corollario dei diritti generati dalla sovranità territoriale, ci sono doveri imposti a uno Stato. Tali doveri comportano l’obbligo di proteggere all’interno del proprio territorio, i diritti di altri Stati, unitamente ai diritti che ciascuno Stato può rivendicare per i propri cittadini in territorio straniero.

Nel caso dell’uccisione di Qasem Soleimani, probabilmente — ma non beyond a reasonable doubt, espressione comune sia nella procedura penale di common law che nel nostro sistema — il “delinquente’ in questione stava progettando attentati ad ambasciate statunitensi, un più valido motivo per essere colpito. Qasem Soleimani, così come altre 2500 vittime di attacchi via drone, è stato giudicato e condannato per ordine di una autorità non giudiziaria, ovverosia il Presidente degli Stati Uniti d’America, vertice del potere esecutivo. Lo stesso diritto statunitense definisce come extragiudiziario (extrajudicial killing) “un omicidio deliberato non autorizzato da una precedente sentenza pronunciata da un tribunale costituito regolarmente che offre tutte le garanzie giudiziarie riconosciute indispensabili dai popoli civili. Tale termine, tuttavia, non include tali omicidi che, in base al diritto internazionale, sono legittimamente condotti sotto l’autorità di una nazione straniera” [4].

A differenza però dell’omicidio di Anwar al-Awlaki, cittadino yemenita-americano posto nella kill list della CIA dal Presidente Barack Obama e giustiziato sine iuxto iudicio in quanto i suoi “normali diritti legali come cittadino” sono stati sospesi mediante un ordine esecutivo firmato dallo stesso Presidente.

Secondo un white paper del Dipartimento della Giustizia USA, “il Presidente ha l’autorità di rispondere a una minaccia imminente posta da al-Qaida e le sue forze contigue, emergente dalla sua responsabilità costituzionale di proteggere il Paese, il diritto inerente degli Stati Uniti all’autodifesa nazionale sotto il diritto internazionale”. Lo stesso white paper precisa però che “un’operazione letale in una nazione straniera sarebbe conforme ai principi legali internazionali della sovranità e della neutralità se è condotta, ad esempio, con il consenso del governo della nazione ospitante o dopo la determinazione che la nazione ospitante non sia in grado o non voglia sopprimere la minaccia posta dall’individuo designato” [5].

Ciò che però ha una base legale già assai labile per Anwar al-Awlaki, membro di al-Qaida e cittadino statunitense, perde ogni minimo riferimento nel caso di Qasem Soleimani: il generale è infatti cittadino iraniano, membro di un’unità militare regolare con cui gli Stati Uniti d’America non hanno in corso alcun conflitto armato diretto e presente, al momento dell’attacco mortale, su territorio terzo (iracheno) su invito proprio del governo legittimo dell’Iraq.

Anche assumendo per buona l’imminenza (imminence) della minaccia posta in essere da Qasem Soleimani — e nelle parole di Trump emerge la pianificazione (“has been planning”), non l’imminenza [6] — la stessa base legale dell’omicidio extragiudiziale di al-Awlaki, il Regolamento concernente le leggi e gli usi della guerra per terra, come può applicarsi al membro di una forza armata impiegata da uno Stato non belligerante? Il regolamento stabilisce che “i belligeranti noti” — non gli ignoti o i supposti — “hanno un diritto illimitato nella scelta dei mezzi per nuocere al nemico” [7] ma si adopera di precisare che è segnatamente vietato “di uccidere o di ferire a tradimento individui appartenenti alla nazione o all’esercito nemici” [8]. Dunque, anche ammettendo che Qasem Soleimani fosse un nemico (hostis) noto, egli è comunque stato ucciso a tradimento e in un territorio neutrale ove egli legittimamente si trovava.

Ricapitolando: sia essa una questione di diritto penale interno o di diritto internazionale — e tale dibattito sull’impiego del mezzo-drone è tutt’altro che infrequente [9] — le basi per dare all’assassinio di Soleimani quella verniciatura di legalità e democraticità tipica di The Land of the Free sembrano mancare tutte: nel diritto penale interno, non siamo in presenza di una condanna a morte preceduta da un tribunale costituito regolarmente, e dunque siamo in presenza di un omicidio extragiudiziario; se anche fosse una questione di diritto internazionale, Soleimani non è identificabile come un belligerante noto; anche fosse identificabile come un terrorista — e la Forza Quds, insieme al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica sono state designate con la contrarietà della CIA e del Dipartimento di Difesa come “organizzazioni terroristiche” — egli difficilmente poneva un imminent threat alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America.

Il problema di attacchi simili a quello subito da Soleimani è che “fanno fatica a rientrare dentro cornici giuridiche stabilite” [10]. Tale incerta configurazione del “diritto di uccidere altrove”, oltre a essere assai problematica per regimi che si presuppongono liberal-democratici, pone serie problematiche sui limiti spaziali e legali dell’uso della forza letale: fino a dove finisce la sovranità territoriale e inizia quella altrui? Le questioni di sicurezza nazionale sono meritevoli di travalicare l’ordinamento di uno Stato estero? L’utilizzo di una arma telecomandata non rischia di trasformare i conflitti in giochi?

Il drone, emblema dell’uso della forza letale nel XXI secolo, sbaraglia le tradizionali convenzioni della guerra e del diritto nella guerra, vanifica ogni rimasuglio di combattimento guerriero, capovolgendo il paradigma del duello. Preda e bersaglio si sono andati via via sempre più allontanandosi: se prima si combatteva guardandosi negli occhi, osservandosi a distanza di metri prendendo la mira per scoccare la freccia o per sparare il colpo di pistola, l’aviazione ha separato ancora di più il guerriero dal campo di battaglia e il drone ha finito per allontanarlo completamente.

Walter Benjamin, in riferimento all’aviazione, scriveva che “il semplice bombardiere […] nella solitudine del cielo, solo con se stesso e col suo Dio, ha la delega del suo direttore più anziano gravemente ammalato — lo Stato” [11].

Soleimani, le cui prodezze militari sono state decantate in tempi non sospetti persino dai media nordamericani, è stato colpito da un nemico invisibile, comandato da un operatore che agiva da migliaia di chilometri di distanza. Non ha potuto appellarsi a un ordine esecutivo e immediato. Non ha potuto difendersi da una forza invisibile. Egli è stato inseguito, individuato ed eliminato. La guerra si rovescia: da diritto di conquista a diritto di inseguimento, mediante uno sconfinamento universale.

Se persino Soleimani era raggiungibile, chiunque di noi potenzialmente lo è: siamo tutti raggiungibili da un nessuno che non potremo mai vedere né fronteggiare.

Oggi, di fronte a una violenza armata a senso unico, teleguidata e fulminea, come quella materializzata nel drone, mezzo usato quasi esclusivamente dalla potenza globale egemone, forse anche Dio si sentirebbe spaventato.


[1] vd. G. Marinucci, E. Dolcini, G.L. Gatta Manuale di diritto penale, parte generale, VIII ed. [luglio 2019], Giuffrè, p. 8
[2] Baruch Spinoza, Trattato teologico-politico, trad. R.H.M. Elwes (New York: Dover Publications, 1951), p. 207.
[3] Thomas Hobbes, Leviatano, trad. It. di Gianni Micheli, III-XLII, BUR Rizzoli, ottobre 2011
[4] Congressional Record, V. 147, Pt. 6, May 9, 2001 to May 21 2001, United States Government Printing Office, October 2005, p. 7897, ISBN 9780160729669.
[5] U.S. Department of Justice, White paper non datato dal titolo: “Lawfulness of a Lethal Operation Directed Against a U.S. Citizen who is a Senior Operational Leader of Al Qa’ida or An Associated Force” (PDF). NBC News, 15 agosto 2014
[6] K. Bredemeier, ‘Trump: Soleimani Was Planning to Blow Up US Embassy in Baghdad’ https://www.voanews.com/usa/trump-soleimani-was-planning-blow-us-embassy-baghdad
[7] Art. 22, Regolamento concernente le leggi e gli usi della guerra per terra, allegato alla Convenzione concernente le leggi e gli usi della guerra per terra, https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19070034/201506290000/0.515.112.pdf
[8] Art. 23, comma 1, lett. B, Regolamento concernente le leggi e gli usi della guerra per terra, allegato alla Convenzione concernente le leggi e gli usi della guerra per terra, https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19070034/201506290000/0.515.112.pdf
[9] cfr. P. Alston, Report of the Special Rapporteur on extrajudicial, summary or arbitrary executions, Addendum Study on targeted killing, Onu, 28 maggio 2010
[10] G. Chamayou, ‘Teoria del drone. Principi filosofici del diritto di uccidere’, DeriveApprodi, 2013, p. 161
[11] W. Benjamin, Teorie del fascismo tedesco in Opere complete IV (scritti 1930–31), a cura di E. Ganni, Einaudi, Torino 2002, p. 213

One Reply to “Soleimani: giustiziato senza giudizio”

  1. Trump e Biden. Meglio il meno peggio, ma meglio? – Ottobre says: 12 Novembre 2020 at 9:03

    […] e della sovranità sulle Alture del Golan, solo per citare degli esempi eclatanti – vi è l’omicidio extragiudiziario del generale iraniano Qasem Soleimani, nel contesto di una politica contro l’Iran definita di “massima pressione”, ma che è […]

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