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I tagli all’istruzione e la logica di classe

tagli all'istruzione

È di pochi giorni fa la notizia che il nuovo governo potrebbe tagliare ulteriormente i fondi all’istruzione, in perfetta continuità con il precedente. Eppure, il bisogno e l’importanza fondamentale per la società di scuole sicure e agibili, di materiale di qualità, di insegnanti ben pagati e motivati, di programmi ben pensati e risorse per metterli in atto, di fondi per la ricerca, è un’evidenza oggettiva per chiunque. Anzi, è ormai un discorso di buon senso a cui aderiscono pressoché tutti, in via teorica. Come è possibile allora che ogni governo o tagli sistematicamente i fondi per l’istruzione, oppure semplicemente lasci deperire senza rifinanziare la strutture pubbliche? Insomma, come è possibile che qualunque governo di fatto crei le condizioni per la decadenza e operi per aumentare le difficoltà ad erogare un servizio di qualità in un campo fondamentale, come da essi stessi riconosciuto, perlomeno a parole, della convivenza civile? Come è possibile infine che la scuola e l’università siano viste come un peso, e anzi, da certi strati integralisti liberali giungerebbero strali se si finanziasse maggiormente con soldi pubblici scuola, università, ricerca e istruzione?

Per rispondere – al di là dei motivazioni contingenti e delle spiegazioni di basso cabotaggio legate al debito, all’austerità, ai vincoli esterni e tutte le altre manifestazioni episodiche e superficiali dello sfruttamento capitalistico – prendiamo in prestito le parole di Baran e Sweezy, marxisti statunitensi autori de “Il capitale monopolistico“, per spiegare le ragioni reali che stanno all’origine del sottofinanziamento permanente della scuola pubblica e dell’inimicizia che le classi dominanti, in particolare quelle più conservatrici, gli riservano. Il testo è del ’66 e si riferisce alla situazione statunitense, ma data l’epoca di restaurazione liberale in cui viviamo e dato il meccanismo capitalistico come invariante nonostante le fasi che attraversa, la spiegazione sembra perfettamente corrispondente alla realtà odierna e al futuro prossimo che il capitalismo ci riserva. La questione concerne la struttura di classe della società borghese nell’epoca monopolistica, e i suoi dispositivi di riproduzione.

“[…] il sistema scolastico, come è attualmente costituito, è un elemento decisivo dell’insieme di privilegi e prerogative di cui l’oligarchia finanziaria è la principale beneficiaria. Questo è vero in un triplice senso.

In primo luogo, il sistema dell’istruzione fornisce all’oligarchia servizi scolastici nella qualità e quantità che i suoi membri desiderano per sé e per i propri figli. Non mancano certo colleges e istituti privati assai costosi per i figli e le figlie dei ricchi. Né mancano fondi alle scuole pubbliche degli inaccessibili quartieri residenziali […], come mancano invece alle scuole che servono ai ceti medi e operai nelle città e nelle campagne. Il sistema scolastico, in altri termini, non è un tutto omogeneo. Esso consiste in due parti, una per l’oligarchia una per il resto della popolazione. La parte che provvede ai bisogni dell’oligarchia è copiosamente finanziata. Il frequentarla costituisce un privilegio e un segno di distinzione sociale. E proprio il fatto che serva soltanto a una esigua minoranza della popolazione ne costituisce la caratteristica più preziosa e più gelosamente custodita. Ciò spiega perché ogni tentativo di generalizzarne i benefici è destinato ad essere risolutamente osteggiato da parte dell’oligarchia. […]

In secondo luogo – l’altra faccia della stessa medaglia – quella parte del sistema scolastico destinata alla grande maggioranza dei giovani dev’essere inferiore e deve produrre materiale umano adatto ai modesti lavori e alle modeste posizioni sociali che la società riserva a tali giovani. [nel caso italiano, dominato da capitalisti straccioni e da un’economia di bassa qualità non innovativa, questo aspetto è fondamentale n.d.r]. Questo fine naturalmente non si può conseguire direttamente. L’ugualitarismo è uno dei punti di forza dell’ideologia capitalistica, e non lo si deve mettere da parte con leggerezza. Alla gente si fa imparare fin dalla più tenera infanzia con ogni mezzo immaginabile che tutti hanno uguali possibilità, e che le clamorose disuguaglianze presenti nella società sono il risultato non di istituzioni ingiuste, ma delle capacità superiori o inferiori di cui ognuno è dotato. Sarebbe contraddire a questo insegnamento istituire, al modo delle società europee divise in classi, due distinti sistemi d’istruzione, uno per l’oligarchia e un altro per le masse. Il risultato desiderato si deve ricercare per via indiretta, soddisfacendo tutte le esigenze di quella parte del sistema educativo che serve all’oligarchia e lasciando deperire quella parte che serve al piccolo ceto medio e alla classe lavoratrice. Questo assicura la disuguaglianza dell’istruzione così vitalmente necessaria per mantenere in piedi la disuguaglianza generale che è il cuore dell’intero sistema. Non sono comunque necessari sistemi particolari per superalimentare una parte del sistema scolastico e affamare l’altra parte. Le scuole e i colleges privati sono in ogni caso ben forniti di mezzi, mentre il sistema istituzionale di controlli e finanziamenti locali per le scuole pubbliche determina automaticamente un trattamento estremamente discriminato per le scuole pubbliche suburbane ed extraurbane nettamente constrastante con quello delle scuole pubbliche urbane e rurali. L’importante è impedire che questo delicato equilibrio venga sconvolta dal massiccio intervento federale [leggi: statale centralizzata n.d.r.], che potrebbe impiegare gli enormi poteri di imposizione e di spesa del governo centrale per realizzare l’antico ideale dei riformatori scolastici che prevede uguali ed eccellenti possibilità di istruzione per tutti. [..]

Il terzo senso in cui il sistema d’istruzione sorregge la esistente struttura di classe è complementare agli altri due. Ogni società classista viva e vitale deve approntare un sistema per mezzo del quale le intelligenze e le capacità delle classi inferiori possano essere selezionate, impiegate e integrate nelle classi superiori. Nella società occidentale feudale era la chiesa cattolica che forniva il necessario meccanismo. Nel capitalismo concorrenziale [qui Baran e Sweezy  intendono il primo capitalismo industriale e manifatturiero studiato da Marx n.d.r] i giovani intraprendenti delle classi inferiori potevano entrare a far parte dell’oligarchia salendo i gradini di una scala esclusivamente economica. Il capitalismo monopolista ha efficacemente chiuso questo canale di mobilità verso l’alto: oggi non è né frequente né facile intraprendere una piccola attività economica e trasformarla in un’impresa di grosse dimensioni. Un meccanismo sostitutivo è stato trovato nel sistema scolastico. Con una istruzione universitaria a basso costo, borse di studio, prestiti agevolati e simili, i giovani di ambo i sessi veramente capaci e ambizioni (desiderosi di riuscire, come dice la società) possono salire partendo dal settore più basso del sistema scolastico.

Accolti nelle migliori scuole preparatorie, nei migliori colleges e nelle migliori università, essi ricevono la stessa preparazione e gli stessi titoli dei giovani delle classi superiori. Di qui, attraverso gli apparati delle società per azioni o le professioni liberali, la strada conduce all’integrazione negli strati superiori del ceto medio e occasionalmente negli strati superiori della società. L’osservatore superficiale, avendo sentito gli slogan sulle uguali possibilità di partenza, può vedere qui la prova che il sistema d’istruzione opera per scalzare dal basso la struttura di classe. Nulla potrebbe essere più lontano dal vero. L’ideale di uguali possibilità per tutti si potrebbe realizzare solo con l’abolizione dei particolari privilegi delle classi superiori, e non mettendo tali privilegi a disposizione di gruppi selezionati di persone provenienti dalle classi inferiori. Ciò serve solo a consolidare la struttura di classe dando nuova linfa alle classi superiori e privando le classi inferiori dei loro capi naturali.  […] Ogni serio tentativo di soddisfare le vere esigenze scolastiche di una moderna società tecnologicamente e scientificamente progredita avrebbe bisogno di un’impostazione totalmente diversa, compreso un impegno di risorse su scala così grande che nessuna oligarchia dominante intenta a conservare i propri angusti privilegi oserebbe mai sognare.”

Ecco risolto il mistero, una volta indagato il carattere di classe, dello scarto tra il dire e il fare in una materia così essenziale come dell’istruzione. La domanda da porsi è in fin dei conti sempre la stessa: scuola e istruzione di qualità per chi? Per quali scopi? I governi espressione della borghesia monopolistica (l’oligarchia nel gergo di Baran e Sweezy) non possono far altro che tutelare i privilegi della loro classe di riferimento anche e soprattuto a scapito della società intera e dell’interesse nazionale, che senza dubbio un sistema educativo riveste per il futuro di qualsiasi paese. Ma cos’è l’interesse nazionale per la borghesia se non il mantenimento costi quel che costi dei propri privilegi?


c.f. Il capitale monopolistico. Baran, Paul A. – Sweezy, Paul M., 1978, Einaudi pp. 143-146

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