Il sistema elettorale americano è un circo che si svolge al di sopra e senza riguardo per una società sfinita.
E la sofferenza delle classi popolari e lavoratrici, il declassamento di parte della classe media, hanno determinato l’esito del voto odierno in favore di Donald Trump, l’outsider, palazzinaro miliardario un po’ eccentrico.
Ma riprendiamo con ordine: la disfatta della strafavorita rivale – Hillary Clinton, la rappresentante organica al Capitale finanziario USA – ha inizio con le primarie democratiche. All’epoca Bernie Sanders, vestito da nonno rivoluzionario, si lanciò, sulla cresta dell’onda, nell’arena con parole di sinistra: salario minimo, sanità universale, servizi pubblici, socialismo. Attirava così delusi e scontenti elettori del Partito Democratico, suscitando la curiosità e la benevolenza crescente dei settori sociali subalterni.
Anche se, da comunisti, conosciamo i limiti di questo tipo di sinistra radicale, Sanders per un po’ è sembrato essere il candidato più attendibile – da sinistra – nel contesto americano. Ma ne hanno impedito la candidatura con i brogli elettorali alle primarie farsa, il sabotaggio interno conosciuto come lo scandalo DNC (1). Bernie Sanders capisce che deve farsi da parte, e se non l’ha capito ci pensa con entrata a gamba tesa il Presidente in carica, che lo convoca alla Casa Bianca, infine, per farlo desistere. E la Clinton è lanciata, nella famosa convention di nomina ufficiale del 27 luglio di 2016 alla corsa per la Casa Bianca. Sostanzialmente, la più grande farsa della storia elettorale americana: centinaia di marionette osannanti, inclusi i nostri fotogenici ministri, coraggiosi contestatori in sala, e migliaia di dimostranti furiosi contro le macchinazioni anti-Sanders, tenuti a bada, all’esterno, dalla polizia, arrestati, oscurati mediaticamente. (3)
Sanders, che non ha mai avuto intenzione seriamente di mettere in discussione il sistema USA, ma era solo la sua cauzione ribelle per allodole, si ritira a vita privata dopo aver assolto al suo ruolo e di certo un po’ spaventato del sostegno genuino e dell’entusiamo sollevato dalle sue idee. Lo sentiremo confessare la propria inettitudine dichiarando pubblico appoggio alla Clinton, probabilmente disgustando ancor di più chi era già disgustato del sistema (4).
Risultato: la collera anti-sistema delle classi distrutte dal capitalismo USA e abbandonate – perlomeno tra quei pochi elettori (circa il 50% degli aventi diritto) che ancora credono nel voto in USA – si è riversata sull’opzione Trump, o è rimasta a casa. Il rigetto di un sistema che non funziona per la stragrande maggioranza della popolazione, si focalizza sui rappresentati politici di questo sistema, e la rabbia travasa verso chi manipola sentimenti di fittizia alternativa. Ma in realtà Trump non è che un’alternativa per il Capitale, che cerca di sopravvivere ancora un po’ nonostante le contraddizioni e gli antagonismi che genera.
Una finta alternativa che ipocritamente e opportunisticamente strumentalizza il discorso anti-sistema – ossia la constatazione che il capitalismo impoverisce e uccide – da destra per posizionarsi come candidato del “popolo contro le élite”. Egli dice: “non il capitalismo, ma le élite complottarde vi fanno vivere male, votatemi, le combatterò per voi”. Così una destra reazionaria, che si spaccia per anti-classe dirigente, fa breccia in certi settori fragilizzati, prospera sugli antagonismi sociali sempre più vivi ma occultati dal conformismo borghese. Fa una rivoluzione borghese a ritroso nel tempo.
Ma perché un tale discorso fa presa? Bisogna capire che la Clinton per gran parte degli statunitensi è il rappresentante di una classe dominante e dirigente corrotta, di un’oligarchia famelica, inamovibile, lontana dai problemi reali, come lo è Obama, come lo sono i media, e come lo sono i repubblicani “di professione”. Trump il saltimbanco è la valvola di sfogo di un regime allo sbando, la sola maniera che il regime ha per mantenere ancora il Capitale alle redini, col parziale consenso di parte della popolazione. Trump, il rappresentante del “vecchio” capitalismo e affarismo nazionale, è elemento di stabilizzazione reazionaria, e preparerà al Capitale finanziario un compromesso di mantenimento dello status quo. Aggiustamenti tecnici, anche importanti, avverranno, non di sostanza.
Inoltre, in USA non vi è coscienza di classe, l’hanno estirpata dalle menti dei lavoratori col fanatismo anti-comunista dagli anni ’20 in poi. Il sistema USA è purtrefatto, la crisi economica amplifica ogni rigurgito reazionario in chi si trova o si sente – a torto o a ragione – abbandonato, nella miseria e desolazione, in condizioni così estreme che il popolo letteralmente soffoca sotto la cappa di piombo dell’amministrazione fascista al servizio dei monopoli finanziari e industriali, delle corporation che governano il Paese.
Nessuno dice – tantomeno i politici e i media, se non episodicamente – che in USA è in corso un’epidemia di morti per overdose da eroina e oppiacei più o meno legali, una calamità da centinaia di migliaia di vittime all’anno, che affligge la classe operaia e ormai le classi media in difficoltà (5); che la polizia uccide migliaia di persone all’anno (6); che le prigioni spesso private accolgono l’allucinante numero di 3 milioni di persone; che i senza tetto non si contanto più; che i dati sulla disoccupazione sono truccati, e la maggior parte dei lavori sottopagati, e precari; che lavori 60 ore a settimana per non farti rubare il posto, o farti licenziare da un giorno all’altro; che diritti sindacali e codice del lavoro sono inesistenti; che i servizi pubblici sono all’abbandono, le strade e le infrastrutture a pezzi (7); che se non puoi pagare e ti ammali muori, oppure ipotechi la casa; che la scuola pubblica abbandonata da decenni produce ignoranza e alienazione, mentre poche scuole per ricchi accolgono l’elite mondiale; che i quartieri abbandonati alla violenza delle gang sono invivibili; che l’industrializzazione ha reso interi panni del Paese come fantasma; e che in tutto questo le banche espropriano i beni di milioni di cittadini insolventi e di piccole industrie in crisi. Mentre le classi dominanti accentrano sempre più ricchezza, vertiginosa, tra le loro mani e l’oligarchia finanziaria regna sovrana.
Questo collasso sociale è tenuto in piedi dai tre pilastri dello stato fascista americano:
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La borsa (per la politica economica ed estera)
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L’amministrazione e le forze armate (per mantenere l’ordine ed eseguire le direttive del capitale)
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I monopoli mediatici (per nascondere la realtà alle masse e disinformare)
Infatti di che cosa hanno blaterato i media borghesi mentre milioni di americani, dai sottoproletari fino alla classe media, sperimentano condizioni di esistenza che definire ingiuste è un eufemismo? Parlano di quanto sia progressista avere la prima donna Presidente, dei propositi francamente volgari di Trump, della “società aperta contro la società chiusa”, del terrorismo beninteso, e altre banalità astratte di tal fatta che appassionano solo una ristrettissima classe agiata intellettuale, senza problemi materiali, legate al mondo dei media, della cultura, dello spettacolo, della finanza che non ha altro a cui pensare: insomma l’alta società. Nel frattempo però, c’è chi ha creduto di trovare in Trump la falsa soluzione. Ma è pur vero che la democrazia borghese solo questo dà come scelta alle classi oppresse, tra il peggio e il meno peggio.
Ora, lasciando da parte l’isteria dei media, succederà che le fazioni della borghesia troveranno accordi dopo un corto periodo di assestamento tecnico; l’imperialismo USA continuerà a far danni ma probabilmente sposterà l’obiettivo dallo scontro militare con la Russia a quello economico con la Cina, conseguente alle concezioni più protezionistiche delle classi capitalistiche rappresentate da Trump. In questo senso, Trump abbasserà le tasse ai ricchi come fece Bush, mentre darà qualche contentino a chi l’ha votato facendo discorsi rozzi sull’immigrazione; la violenza della Polizia non si attenuerà anzi l’arbitrio sarà ancor più la norma. La macchina da guerra dello Stato americano girerà a pieni giri, orientandosi su obiettivi diversi all’estero; e sugli stessi all’interno.
La vittoria di Trump mette a nudo il collasso sociale degli States, e di riflesso il patetico scollamento della sinistra dai settori popolari. Speriamo che le forze operaie e progressiste USA sappiano cogliere l’occasione per sbarazzarsi dell’illusione democratica e parlare ai lavoratori e alle classi oppresse. Osare in un contesto reazionario e idealista il recupero di critica sociale e del radicamente popolare che solo può portare a un vero cambiamento progressista in USA e al blocco della terribile macchina da guerra fascio-imperialista che funziona sugli interessi del Capitale e continuerà, sotto forme diverse con Trump, la reazionaria e anti-popolare politica contro il popolo americano, e la pericolosa politica guerrafondaia contro gli altri popoli della terra.
(1) http://www.ilpost.it/2016/07/25/dimissioni-capo-partito-democratico-americano/
http://www.nbcphiladelphia.com/news/local/Protesters-Break-Through-DNC-Security-Fence-388499832.html
(5) Courrier international, n° 1357 del 3-9 Novembre, pp. 57-59