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Propaganda: i comunisti oltre i media borghesi

Propaganda: i comunisti e i media

di Alberto Ferretti

Nella battaglia contro la disinformazione veicolata dai media di massa, i comunisti non si occupano di svelare verità che élites cospiratrici nasconderebbero al popolo, di accreditare complotti sempre e comunque antitetici alla versione ufficiale del “potere”, di svegliare le coscienze. Questi sono paroloni per demagoghi e intellettuali dall’ego smisurato.

I comunisti cercano principalmente di illustrare a che punto le idee e i valori propagati dalle televisioni pubbliche e private, dai giornali nazionali e regionali, dai siti web, appartengono a una precisa classe sociale, la borghesia imperialista, e come ciò costituisca un formidabile apparato propagandistico funzionale unicamente ai suoi interessi immediati e futuri.

La prassi comunista consiste nell’identificare le menzogne necessarie perché il punto di vista borghese, dominante, possa anche apparire plausibile nel suo insieme e attrarre consensi; nel denunciare e smascherare tali menzogne, comprese nella loro funzione globale di sostegno a questa o quella posizione politica del momento; nel proporre una contro-propaganda efficace, sistematica, che tenga conto della storia e del contesto, sconfessando l’assurdo idealismo e individualismo di cui la cultura borghese è impregnata.

La bolla mediatica della propaganda borghese

Ci viene detto, ogni giorno, che i nostri media ufficiali sarebbero portatori delle “verità universali” insite nei valori della nostra “società libera”, mentre ad esempio l’informazione proveniente da Cina, Cuba, Russia, Venezuela, Corea del Nord, è per definizione “disinformazione”, per di più “totalitaria” (qualsiasi cosa voglia dire).

Sulla base di questo complesso di superiorità derivante dallo strapotere economico monopolistico delle classi dominanti, nella visione del mondo proposta quotidianamente dagli organi d’informazione, tutto trova posto, senza essere necessariamente credibile, ma nei fatti viene creduto, per convinzione o semplice mancanza d’alternative. La demonizzazione dei nemici sistemici, così come il lavaggio del cervello, sono talmente avanzati che le masse adottano le versioni ufficiali  invece di mettere in dubbio, e quando le criticano lo fanno spesso unicamente in base alle critiche prefabbricate e ammesse dallo stesso sistema.

In questo monopolio della parola risiede l’inequivocabile superiorità qualitativa della propaganda capitalistica odierna – in particolare occidentale – rispetto ad ogni altro tipo di propaganda passata e presente, rilevabile nella sua straordinaria efficacia nell’abbindolare le masse, ridotte a un totale stato di passività e ininfluenza. La capillarità delle strutture, formali e informali, che costituiscono il megafono della propaganda capitalistica ne assicura la solidità.

La critica preliminare che aiuta a uscire dall’interno da questo recinto ideologico borghese si articola intorno alla domanda: chi produce i flussi di informazione e a chi appartengono le “canalizzazioni” all’interno delle quali essa circola e si diffonde nella società? Le idee dominanti in una società in un dato momento storico sono le idee delle classi dominanti, poste in una posizione di supremazia in ragione del loro potere economico e politico, cioè del controllo dei mezzi di produzione e del complesso delle sovrastrutture che egemonizzano e grazie alle quali irradiano tutti gli aspetti della vita sociale e culturale delle loro idee e valori. Tali concezioni sono espressione dei loro interessi e il riflesso ideale delle relazioni materiali che la classe borghese intrattiene con le merci e le persone.

I gruppi sociali dominanti hanno il livello di organizzazione adeguato per spacciare le loro posizioni per verità immutabile, eterna e astorica; essi organizzano la comunicazione in maniera conforme alla struttura della proprietà che si confà alle necessità di profitto nel settore. Un impianto rodato, in funzione da almeno 150 anni, ossia dai tempi della Rivoluzione industriale, che ha fornito ai capitalisti i mezzi per perfezionare questo tipo di potere.

Risultato: oggi enormi società centralizzano il possesso dei media restringendo il controllo a pochi gruppi monopolistici che si estendono sui continenti fornendo così lo stesso standard comunicativo a tutto il globo capitalista, sia per i canali tradizionali che per il webQuesto sistema mediatico è caratterizzato da assoluta impermeabilità ad altri dispositivi comunicativi, poiché non è concessa nessuna “entratura” nel tessuto proprietario capitalista, e dunque alcuna visibilità nel discorso ufficiale, ai punti di vista alternativi. Facile così screditare sistematicamente ogni critica, quando le si sottrae legittimità a priori, la si esclude e ridicolizza per partito preso e non nel merito.

L’altrui propaganda – preventivamente bollata come totalitaria e disinformativa – rimane fuori, falsificata da un abile lavoro di demonizzazione. Nel frattempo, tutti i gruppi sociali possidenti – dall’alta e media borghesia, al funzionariato statale, al mondo dello spettacolo e della cultura, minoritari numericamente, hanno voce in capitolo – i lavoratori invece, seppur maggioritari, sono materialmente impossibilitati a elaborare un punto di vista autonomo.

Il pluralismo sterile è presentato come somma democrazia, quando invece è chiacchiericcio basato su aspetti superficiali, falsi elementi e su ogni sorta di pregiudizio. La sovrastruttura mediatica è costruita scientificamente intorno al mondo delle classi superiori, coi loro problemi, interessi, priorità, a tal punto sovra-rappresentati, e sovra-comunicati, da spingere l’operaio, il proletario, il salariato, a credere che siano anche i suoi. Tutto è disposto perché si parli di un mondo in cui i proletari non vivono: il mondo di un’infima minoranza, le cui idee e “valori”, imposti alla maggioranza, si vogliono “comuni” e non di parte.

L’informazione proletaria

Eppure i proletari vivono altre realtà, altri problemi, altre priorità, rispetto a quelle trattate dalla stampa, aspetti del reale che non trovano spazio nei media, se non minimizzati, fraintesi o travisati, poiché la sensibilità degli attori dell’informazione e della cultura è la stessa dei loro padroni. Essi semplicemente non sanno cosa voglia dire vivere nel bisogno, non conoscendo la durezza dell’esistenza in condizioni subalterne. In questo contesto di oppressione, la classe operaia sviluppa il virus dell’emulazione ai falsi valori delle classi agiate; e nella foga di conformarsi, il lavoratore perde l’intelligenza critica necessaria a mantenere una reale indipendenza di pensiero.

Eppure la base sociale per un’informazione da un punto di vista proletario esiste. Il mondo salariato è più vasto che mai. Il compito principale dei comunisti, di tutti i democratici e i progressisti nei confronti dell’informazione, consiste nello sviluppare gli strumenti per combattere questa ideologia dominante.

Significa predisporre i mezzi per cui le classi lavoratrici da una parte siano in grado di analizzare i fenomeni sociali nel loro rapporti reciproci e nel loro carattere di classe, al fine di essere in grado di contestualizzare dal più semplice fatto di cronaca alla più astratta questione di politica internazionale, e non semplicemente subire le informazioni come bolle mediatiche scollegate da qualunque relazione materiale oggettiva, buone solo per fare dei grandi titoli che lasciano il tempo che trovano.

Dall’altro, essi devono organizzare materialmente i supporti mediatici corrispondenti a un grado avanzato di analisi, produrre contenuti che riflettano gli interessi, obiettivi e sensibilità di classe e al contempo il suo posto e la sua relazione col complesso sociale del frammentato mondo occidentale. In definitiva, disporre i fatti e le cronache della realtà proletaria, in maniera sistematica, che superi l’approccio e la visione del mondo borghese, pur accogliendone le istanze e i punti più alti, inglobando il tutto in una “concezione del mondo” più ampia, ricca e vero

Al misticismo, eclettismo e particolarismo cui tende la superficiale messa in scena del mondo borghese – tesa a giustificare l’immutabilità dello stato di cose presenti – l’informazione proletaria oppone la cornice razionale, seria e concreta, universale, utile a interpretare la realtà al fine di cambiarla e superarla.

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