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Potere borghese e potere operaio

Potere borghese e potere operaio

di Alberto Ferretti

La teoria comunista dello Stato si è formata nel corso dell’esperienza storica del movimento operaio e si arricchisce mano a mano grazie alle vittorie (e alle sconfitte) rivoluzionarie. Alla luce delle opere dei fondatori del socialismo scientifico e degli Stati operai a partire dalla Rivoluzione del 1917, ci proponiamo qui di fare una sintesi sulla questione dello Stato, coscienti che la pretesa di esaurire un campo di analisi cosi vasto necessiterebbe un’esposizione ben più ampia, la quale esula dagli obiettivi di un semplice articolo divulgativo.

Che cos’è lo Stato

Schematicamente, la teoria comunista dello Stato può essere esposta come segue. Lo Stato operaio:

a) Nasce dalla società, dalle “classi con interessi e volontà opposte e incompatibili”, cioè dalla società capitalista.

b) Ogni Stato, anche quello operaio, è uno strumento di oppressione.

c) Esso è uno strumento provvisorio, in mano alla classe operaia, per spezzare le resistenza della borghesia. Si sviluppa in questo stadio la democrazia socialista.

d) Lo Stato operaio svanisce, si estingue, con l’estinzione delle classi sociali stesse.

L’opzione storica è dunque tra dittatura borghese – nel senso del potere delle classi possidenti, sotto forma di democrazie parlamentari o di regimi fascisti – e dittatura proletaria – nel senso del potere delle classi lavoratrici, nella forma della democrazia socialista. L’importanza della socializzazione della produzione e della proprietà risiede nel fatto che essa induce la scomparsa delle classi, condizione necessaria per la scomparsa dello Stato, ossia il punto d) del nostro schema. Questo stadio tuttavia non è stato fin ora raggiunto da nessun paese socialista e non potrà esserlo per il momento.

Che cos’è la dittatura del proletariato, o democrazia socialista

Per raggiungere l’obiettivo della fase d), si deve passare per la fase socialista, il periodo di transizione necessario tra la società borghese e la società comunista, in cui lo Stato non esisterà più come organo politico. Ne risulta che lo Stato non viene abolito da un giorno all’altro, poiché non si sopprimono le classi sociali ereditate dalla società borghese da un giorno all’altro. Finché esistono le classi coi loro interessi contrapposti non è possibile abolire lo Stato a meno di far regnare il caos e la barbarie. E non è questo il compito del comunismo, semmai sono vaghi desideri dell’anarchismo. Il compito della rivoluzione è la presa del potere da parte degli operai organizzati, per creare lo Stato socialista, cioè instaurare la dittatura del proletariato, come tappa necessaria verso il comunismo. Ma per ora tutti gli Stati usciti da una rivoluzione socialista sono tra la fase b) e c), analogamente l’URSS e gli Stati dell’Est sono stati abbattuti dalla controrivoluzione mentre si trovavano allo stesso stadio di sviluppo

All’interno della dittatura del proletariato, cioè nella democrazia socialista, sono esistiti e possono esistere stati più o meno autoritari, derive personali o democrazie più compiute. Accade anche che detti Stati autoritari contengano elementi fortemente democratici e progressisti (dipende dalle situazioni storiche, da alcuni caratteri culturali, dalle situazione economica di partenza). Caucescu, Castro, Kim, Tito sono il volto personalistico di alcuni successi rivoluzionari, mentre le esperienze cinesi, sovietiche, tedesche, ungheresi, bulgare, vietnamite, ceche rappresentano la dimensione collegiale per ora più avanzata di governo socialista.

Ma tutti questi regimi hanno in comune di essere dittature proletarie, ossia democrazie socialiste. Il potere è in mano ai lavoratori che lo esercitano (o lo hanno esercitato) tramite le organizzazioni di massa, i consigli e sotto la guida del partito. Tuttavia, anche se si tratta di una libertà più concreta ed effettiva rispetto alle libertà borghesi, essa non è una situazione di libertà completa. Difatti, finché ci sarà bisogno della democrazia per regolare i problemi della società, ci sarà bisogno dello Stato, in quanto esistono le classi sociali o i residui più meno radicati delle classi sociali. E finché c’è lo Stato, esiste l’oppressione di una classe sull’altra, non la libertà. La democrazia è sempre nella sostanza una forma di oppressione necessaria, che sia essa borghese o socialista. Solo quando sparirà la democrazia vi sarà vera libertà, ma essa può sparire solo con la fine della società divisa in classi, e questo è possibile solo tramite la socializzazione integrale della produzione e proprietà portata avanti dalla dittatura proletaria. Solo quando lo Stato diventi un organo di amministrazione della produzione completamente socializzata, quindi completamente spoliticizzato, esisterà la vera libertà e si considera instaurata la società comunista.

In quest’ottica, lo Stato operaio è democratico e dittatoriale in maniera nuova. I rapporti di classe sono invertiti conformemente alla rivoluzione, l’ordine sociale è letteralmente capovolto, ribaltato in favore delle classi lavoratrici che accedono al potere e costruiscono la propria macchina statale smantellando progressivamente la precedente. I proletari diventano allora gli oppressori della borghesia. La differenza principale risiede nel fatto che nella democrazia socialista vige l’oppressione della maggioranza sulla minoranza, e non l’oppressione da parte di una minoranza detentrice del potere economico sulla stragrande maggioranza dei cittadini/lavoratori, come accade oggi nelle società europee.

Nella democrazia socialista il potere è in mano alle classi lavoratrici con le sue istituzioni di massa, partiti, sindacati, cooperative, leghe sociali, unioni professionali, che concentrano la stragrande maggioranza dei lavoratori. I suoi delegati sono eletti nei consigli e/o assemblee popolari, sono revocabili, stipendiati come un operaio. Essi sono eletti e organizzati in comitati collegiali basati sulle unità di produzione; l’esercito non è un corpo specializzato al di sopra della società, ma popolare, così come la milizia popolare. L’economia è diretta dai delegati dei lavoratori e dal partito; il lavoratore ha il controllo delle forze economiche e cerca di dirigerle tramite piani quinquennali. Questo è quanto la costruzione degli Stati socialisti ci ha lasciato in eredità o si sviluppa innovandosi nelle repubbliche socialiste odierne.

Che cos’è lo Stato borghese

Lo Stato borghese può e deve ugualmente essere analizzato tramite questo schema, poiché il potere operaio deriva dal potere borghese, ne è una filiazione. Necessariamente, il potere operaio porterà per un certo tempo i tratti del potere borghese da cui ha preso origine. Ne eredita (e ne ha ereditato) le forme, le istituzioni, i rapporti sociali a cui trasmette pian piano nuova sostanza. Al contempo crea forme nuove accanto alle vecchie, le quali sono “macchiate” dai difetti e pregi delle vecchia società, ma destinate a prendere il sopravvento. E anche questa è una lotta rivoluzionaria, anzi questa è la vera rivoluzione, che si svolge all’interno e per la costruzione del socialismo contro e a partire dai rapporti sociali-economici lasciati sul campo dalla vecchia società sconfitta, con i quali “occorre scendere a patti”, confrontarsi, risolverli in favore del socialismo. Questo è quello che le rivoluzioni vittoriose hanno fatto e fanno tutti i giorni.

Si può fare tutto, insomma, tranne cancellare il vecchio con un colpo di mano, perché nulla si inventa dal nulla. Il comunismo non tratta di utopie da realizzare instaurando modelli teorici e atemporali architettati da intellettuali perditempo, ma dell’edificazione di una società nuova a partire dal materiale lasciato in eredità dalla vecchia società borghese. Necessariamente, questo materiale condizionerà lo sviluppo del socialismo, nei tempi e nei modi, così come l’abilità dei costruttori.

Quindi il potere borghese:

a) Nasce dalla società, dalle “classi con volontà opposte e incompatibili”. Ma si nasconde dietro la “volontà del popolo”, ovvero l’interesse generale che non esiste se non come astrazione atta a legittimare il potere borghese mascherandone la sua natura di classe

b) Come ogni Stato è uno strumento di oppressione: sulle classi lavoratrici in questo caso. Eppure l’ideologia liberale maschera tale funzione repressive e di parte, tramite l’idea dello Stato garante dell’interesse nazionale. Esso spezza la resistenza proletaria, rendendo impossibili le condizioni materiali di esistenza dei lavoratori. Cerca di addomesticarli affinché accettino l’ordine borghese in cambio di qualche concessione o semplicemente impedendo la formazione di una coscienza di classe (manipolazione mediatica, partecipazione politica ridotta a mettere una scheda nell’urna ogni tanto, repressione sindacale, i mille ostacoli e truffe posti dalle leggi elettorali, l’accesso parziale a istruzione e cultura). Infine, utilizza metodi terroristici, come il militarismo, il fascismo o le leggi speciali, solo quando si sente realmente in pericolo, quando cioè il proletariato entra nell’azione politica autonoma, invece di giocare con le regole scritte in anticipo dalla borghesia.

Tuttavia il potere borghese non ha il carattere (o meglio non reputa di avere il carattere) di:

c) Provvisorietà: lo Stato borghese si vuole eterno, è un feticcio sia per i socialdemocratici che credono nelle sue virtù compensatrici, sia per i liberali che necessitano di una macchina di gestione dei loro affari. Il capitalisti hanno bisogno vitale dello Stato al proprio servizio.

d) Lo Stato borghese non svanisce: o esso si evolve in uno Stato operaio grazie alla rivoluzione che ne distrugge gli apparati, o regredisce, o resta tale scricchiolando sotto gli aggiustamenti socialdemocratici. Nessun progresso reale è possibile all’interno del paradigma dello Stato borghese che esca dal quadro della struttura privata della proprietà. L’unica evoluzione qualitativa dello Stato borghese è lo Stato operaio, le riforme di un regime borghese sono degli aggiustamenti di sistema per renderlo più o meno sostenibile, non un cambio di paradigma.

Tale dittatura borghese, nella sua forma più compiuta ed evoluta vige oggi in USA, Gran Bretagna e Giappone, e nelle forme ibride socialdemocratiche in Francia, Italia, Germania (ma queste forme sono in rapida evoluzione grazie al ruolo dell’austerità, tramite il perfezionamento dell’UE).

La storia ci ha consegnato socialdemocrazie europee costruite nel Dopoguerra, penetrate dagli ideali socialisti, per tenere buone le masse, soprattutto a causa l’attrazione esercitata dall’URSS. Da qui sono venuti gli unici sostanziali miglioramenti nelle condizioni di vita dei lavoratori, apparsi sulla scia della Rivoluzione d’Ottobre e del potere operaio realizzato. Ma da quando esso è scomparso in Europa, la regressione è in marcia e tutti i diritti socialdemocraticamente acquisiti in Occidente sono rimessi in discussione in seguito alla controrivoluzione iniziata nel 1989.

Le condizioni economiche come la concentrazione della ricchezza, la centralizzazione dei flussi di capitale, stanno configurando un assetto di potere concentrato in poche mani. Da qui rivoluzioni, dittature terroristiche o guerre imperialiste guerre per assicurare la sostenibilità del sistema, come l’esperienza storica ha finora dimostrato, sono gli esiti sempre possibili alle crisi del capitalismo.


Opere:

Il Manifesto del partito comunista, C. Marx, F. Engels

Critiche al programma di Ghota, C. Marx

Origine della famiglia, dello Stato e della proprietà privata, F. Engels

La Guerra civile in Francia, C. Marx

Stato e rivoluzione, V.I. Lenin

Piattaforma dell’Internazionale Comunista approvata al suo primo congresso, 1919

Problemi economici del socialismo in URSS, J. Stalin

6 Replies to “Potere borghese e potere operaio”

    1. Alberto F says: 4 Novembre 2015 at 9:58

      Confronto interessante e mostra i limiti dell‘anarchismo. Dato che non è interessato alla presa del potere, ma solo alla sua distruzione, in conseguenza l’anarchismo non prevede un’organizzazione quale il partito per guidare la rivoluzione, e si limita a valorizzare lo spontaneismo delle masse.

      1. CriticaComunista says: 4 Novembre 2015 at 9:59

        Lo spontaneismo c’è anche in Marx e ancora di più in Engels, ma cambia l’impostazione politica. Il riscatto delle classi subalterne per esempio, non è roba di poco! 😀

  1. CriticaComunista says: 5 Novembre 2015 at 18:10

    Compagno, ho stampato questo articolo e l’ho messo in una raccolta ove tengo interventi di compagni. Ti faccio pubblicità nella mia zona. 🙂

    1. Alberto F says: 5 Novembre 2015 at 18:29

      Lusingato 🙂 Avanti fino alla vittoria!

  2. Cina Popolare/Unione Europea: l’insostenibile paragone – Ottobre says: 30 Gennaio 2016 at 18:37

    […] lotta all’interno degli Stati sfruttatori europei con l’obiettivo della presa del potere. L’avvento del potere operaio è una condizione di vita o di morte, se non si vuol tornare allo sfruttamento puro del tipo di […]

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