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La socialdemocrazia europea e le sue miserie

socialdemocrazia europea

di Alberto Ferretti

La socialdemocrazia europea è da tempo ormai all’avanguardia nel formulare politiche innovative di adeguamento ai diktat del Capitale. Nel corso degli anni ’90-2000 i cosiddetti partiti riformisti di sinistra sono riusciti a imporre ai lavoratori arretramenti sociali e salariali che le destre non sarebbero mai riuscite a far passare. Nel farlo, essi hanno usato (e abusato) della propria influenza sulle classi lavoratrici al fine di sottrargli quei diritti che i capitalisti non sono più disposti a concedere.

In compenso, i dirigenti della sinistra “moderna” ricoprono posti d’onore nei ministeri nazionali ed europei, e sono riveriti in seno alla comunità finanziaria internazionale. Nell’Europa capitalista, le leggi, il dibattito pubblico, e le visioni ideologiche sono uniformi; dal Portogallo alla Lituania una cappa di recessione anti-operaia si estende sul continente.

Per primo venne Tony Blair che negli anni ‘90 trasformò il Labour Party, da già morbido partito d’opposizione di sinistra, a partito di governo di destra, facendo al fortuna dei finanzieri della City. La stampa di sinistra incensava Blair per il “coraggioso rinnovamento”: così è chiamata la pretesa dei salotti buoni di avere una sinistra portavoce degli interessi delle classi superiori. Oggi Blair è un milionario, vive di conferenze strapagate, lavorando per tutti i circoli reazionari e capitalistici del globo.

Il partito socialdemocratico tedesco ha dalla sua parte una lunga storia di tradimenti della classe operaia, ma ciò che impose Schröder con le leggi Hartz e la tristemente famosa Agenda 2010 ha fatto scuola sul continente europeo. Facendosi scrivere le leggi sul lavoro direttamente dal capo del personale della Volkswagen, il padronato tedesco ha potuto contare da allora su salariati sottopagati e precari. Il risultato: 8 milioni di lavoratori sono ufficialmente classificati come “poveri” nella sedicente ricca e prospera Germania; logicamente, la natalità è crollata a tal punto che la Germania ha bisogno di importare centinaia di migliaia di immigrati per alimentare la propria industria, e ben presto non sarà più il Paese più popoloso d’Europa. Intanto Schröder si è dato agli affari e dirige in qualità di amministratore delegato il colosso Gazprom.

Renzi e il partito democratico stanno, con dieci anni di ritardo, applicando le stesse ricette in Italia. il Jobs Act trasforma il contratto a tempo indeterminato in un contratto precario e malpagato a vita. Introdotto col pretesto della disoccupazione di cui le “vecchie leggi sul lavoro” sarebbe responsabile, ha aperto la porta a qualsiasi tipo di sfruttamento legalizzato della manodopera salariata.

In Francia – Paese storicamente all’avanguardia in ambito capitalistico per le tutele del lavoro – l’opera di smantellamento è stata demandata al governo socialista di Hollande. La Francia è oggettivamente parecchio in ritardo rispetto ai Paesi europei appena citati, dal punto di vista del Capitale, sulla via della “modernizzazione”.

Tuttavia è arrivato il momento buono: oggi a Parigi non si parla d’altro che del giovane dinamico e di belle speranze Ministro dell’Economia, Emmanuel Macron. Ben vestito, di bella presenza, adulato dalla stampa padronale, questo figlio di papà, privilegiato di nascita, banchiere d’affari di professione, impartisce quotidianamente  lezioni ai lavoratori che, sfaticati, bloccano la Francia con la loro poltronaggine, e alle regole opprimenti a tutela del lavoro che ovviamente sono la causa di tutti i nostri mali e di cui dovremmo sbarazzarci per “liberare la crescita”.

Dagli attacchi puerili alle 35 ore – falso problema perché non esistono nei fatti ma hanno a loro tempo arricchito le imprese tramite succosi incentivi per assunzioni mai realizzate – alla liberalizzazione del lavoro domenicale – per la gioia della grande distribuzione – all’attacco quotidiano allo statuto dei lavoratori – definito sulla stampa come obeso, arcaico, etc – il giovane prodigio è dappertutto, ricordando da vicino nella sua ubiquità e loquela il nostro Renzi.

“Il liberalismo è di sinistra”, declama il Ministro su Le Monde, mentre la legge che porta i suo nome passa all’Assemblée Nationale a colpi di fiducia – novità assoluta per la Francia – proprio come Renzi-il-giovane in Italia. A dimostrazione che il metodo di governo ormai è uniformizzato: si tratta di autoritarismo filo padronale, carattere principale dei governi europei contemporanei.

Non è un caso inoltre che all’aggressione interna contro le classi subalterne corrisponda una politica estera votata all’aggressione militare nei confronti dei paesi poveri. La Francia in 4 anni ha dispiegato le truppe in Costa d’Avorio e Mali, bombardato la Libia e la Siria, è un alleato privilegiato delle petromonarchie oscurantiste e imperialiste del Golfo. Il militarismo francese in questa fase è il piu aggressivo dopo quello USA, e mostra l’intento di affermarsi come forza indipendente all’interno del mondo capitalista, in competizione relativa con l’espansionismo anglosassone e compatibilmente agli equilibri inter-capitalistici delle nazioni avanzate.

Rimpinguare i profitti dei grandi gruppi nazionali tagliando gli stipiendi e diritti dei lavoratori in patria per meglio depredare l’Africa e il Medio Oriente – con il pretesto di Boko Haram e di Assad-il-cattivo – è il compito principale del partito socialista francese, allo scopo di rinverdire l’espansione nelle ex-colonie.

Questi obiettivi sono in linea con la politica europea di oppressione operaia, in linea con la fase di austerità economica che attraversa il capitalismo, con l’attacco concentrico delle classi capitalistiche contro i lavoratori, con la lotta di classe praticata dalle classi superiori, attraverso i governi nazionali e le istituzioni europee.

Da trent’anni i diritti dei lavoratori sono compressi e svuotati nell’Occidente capitalista, ma le crisi economiche esplodono con regolarità quinquennale, diventando endemiche: le litanie dei pennivendoli borghesi e dei politicanti al servizio dei ricchi secondo cui sono le troppe tutele a impedire la crescita sono quindi prive di fondamento logico. La verità è che di usa la crisi per imporre una brutale agenda politica neoliberista e padronale.

Tutti i lavoratori europei sono confrontati alle stesse condizioni e alle stesse identiche politiche da parte dei rispettivi governi; sopportano lo stesso giogo che i capitalisti cercano di occultare aizzando nuovi razzismi e nazionalismi per dividere i lavoratori tra loro, fomentando guerre tra poveri, e contro cui è un dovere combattere.

One Reply to “La socialdemocrazia europea e le sue miserie”

  1. Prendi il partito e scappa – Ottobre says: 9 Novembre 2015 at 22:32

    […] ha aperto le porte a ogni tipo di riforme anti-operaie portate avanti dalle nuove generazioni della sinistra socialdemocratica su tutto il continente. Dal momento in cui i ricchi hanno avuto mani libere, l’opposizione […]

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