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Terrorismo islamista: una controstoria

terrorismo islamista

di Alberto Ferretti

Il terrorismo islamista, per come lo conosciamo oggi, è senza dubbio un prodotto della politica estera delle nostre classi dirigenti: un’arma nata originariamente in funzione anti-comunista.

Tutto ebbe inizio in Afganistan nel 1978 quando le forze rivoluzionarie guidate dal Partito Democratico Popolare di ispirazione marxista-leninista presero il potere. Il nuovo governo rivoluzionario iniziò a modernizzare e liberare l’Afganistan dall’oppressione feudale promuovendo l’industria, introducendo la scuola e sanità pubblica, vietando i matrimoni forzati, mettendo un limite di età per il matrimonio, praticando campagne di vaccinazione: costruendo insomma una Repubblica laica multiconfessionale, libera dai pregiudizi secolari della più retriva tradizione tribale.

Ovviamente l’unica forza in grado di sostenere uno sforzo progressista di tal genere era all’epoca l’URSS. Facile immaginare dunque il panico dei nostri capitalisti nel vedere un altro Paese raggiungere l’orbita del socialismo, di vedersi sfuggire di mano un altro mercato potenziale ma arretrato da sfruttare e prosciugare.

Si servirono dunque dei moudjahidin, la ribellione di carattere reazionario che prendeva corpo nelle province più tradizionaliste, che ai tempi la nostra stampa definiva « combattenti della libertà » contro l’oppressione comunista. Oggi invece sono terroristi islamici, di cui ci serviamo per abbattere i nostri avversari.

Dinamica di una contro-rivoluzione

Nell’Afganistan post-rivoluzionario accadeva che gruppi tribali ultra-tradizionalisti linciassero gli istitutori del governo in missione nelle campagne per le vaccinazioni, come oggi i talebani fanno in Pakistan, e assassinassero gli insegnanti che osavano accettare le bambine a scuola.

Gli attacchi si fecero però organizzati quando la CIA comprese le potenzialità della ribellione in erba, intuendo di poter utilizzare il tribalismo per abbattare la rivoluzione. Questi gruppi vennero armati ed addestrati alle tecniche di guerriglia, mentre ideologicamente venviano indottrinati al Salafismo dall’Arabia Saubita e dal Pakistan.

Le madrasse pakistane cominciarono a produrre litanie di odio e integralismo, che l’Islam non aveva mai conosciuto prima. Nulla a che vedere dunque con fumosi dibattiti odierni sullo scontro di civiltà, sulla presunta natura violenta del Corano o altre idiozie mediatiche: l’estremismo islamico è un sottoprodotto politico della guerra fredda in funzione anti-comunista. I talebani erano ricevuti dal Ronald Regan in persona che li paragonava ai padri fondatori dell’America (nella foto). Questi tagliagole servivano il progetto occidentale di abbattere l’URSS e la loro vittoria in Afganistan ha posto le premesse perché il pluralismo religioso interno all’Islam fosse spazzato via in nome della sua versione più rozza, intollerante e oscurantista : la versione saudita.

Radicalismo islamico, ovvero internazionalizzazione della contro-rivoluzione afgana

Quando il neonato governo afgano rivoluzionario non riuscì più a contenere gli attacchi omicidi della controrivoluzione, chiese legittimamente l’aiuto dell’URSS, che inviò nel 1979 l’Armata Rossa a sostegno della rivoluzione. Questo oggi è mistificato e trasfigurato nei manuali di storia e dai media come invasione dell’Afganistan.

Il governo sovietico, cercando di aiutare il governo a combattere i ribelli manovrati dalla borghesia occidentale, cadde nella trappola preparata degli USA. I terroristi islamici erano ben addestrati, armati, ricchissimi e il loro fanatismo attirava da tutto il mondo arabo frange settarie di quella parte della gioventù araba insoddisfatta delle prospettive del nazionalismo laico arabo nei rispettivi Paesi, e soprattutto attratta dalla mitologia della nuova guerra santa contro il satana laico e comunista.

La contro-rivoluzione afgana è stato un evento fondatore della contemporaneità, perché ha creato quella mitologia propria al terrorismo islamista con cui ci troviamo a fare i conti oggi. Una volta tornati nei loro paesi infatti – dopo aver piegato la rivoluzione e aiutato i fondamentalisi a prendere il potere – i combattenti si portarono dietro la nuova visione dell’Islam fondamentalista appresa sul campo di battaglia: l’odio insensato e manicheo per la modernità, il radicalismo guerrafondaio, tante armi e soldi.

Essi cominciarono a praticare in patria le atrocità che avevano apprese in Afganistan, condannando i loro governo come impuri. Basti pensare all’Algeria, presa di mira dalle bande islamiche negli anni 90. In Egitto Libia, Siria e Irak i governi laici erano sufficientemente forti per reprimere l’orrore jhiadista, ma un paziente lavoro di finanziamento saudita, americano e israeliano continuò a far crescere il bubbone.

Lasciando sviluppare e strutturare tali gruppi radicali, l’Occidente capitalista attendeva il momento in cui avrebbe potuto pubblicamente usarli come prestesto per fare la guerra in Medioriente: così si è servito di Al-Qaeda (che ha esaurito ormai il suo ruolo storico) e ora dell’ISIS.

La missione è andata a buon fine: il mondo arabo progressista è stato letteralmente distrutto , quel che resta resiste tra mille difficoltà, mentre le petromonarchie reazionarie, oscurantiste, e nostre alleate prosperano. Il pericolo del terrorismo permanente permette di stabilizzare inoltre un potere liberale estremamente conservatore, che serve alla perfezione gli interessi del grande capitale.

Il lavaggio del cervello di massa mistifica il senso della guerra contro il “terrore” – che è in realtà un’operazione di appoggio e copertura fornita dal nostro apparato militare ai terroristi in Siria, Libia e Irak – e i lavoratori vengono ingannati dalla propaganda di guerra e dalla retorica fasulla dellos contro di civiltà.

In verità, il terrorismo islamista e le classi dirigenti borghesi sono due facce della stessa medaglia, e si servono gli uni degli altri per alimentare gli stessi interessi politici, economici e geopolitici, e tenere la stragrande maggioranza della popolazione schiacciata nel mezzo di questo grande gioco di cui le masse sono vittime e spettatrici inermi.

Liquidare i nostri governi borghesi equivarrà senz’altro a liquidare i loro terroristi di riferimento.

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